Egeria 15/2021

Rivista semestrale dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose della Toscana (ISSRT) «Santa Caterina da Siena»

Contributi di Erich Przywara, Federico Franchi, Domenico Cambareri, Salvatore Glorioso, Maria A. De Giorgi, Silvia Nannipieri e Barbara Pandolfi

Egeria 15/2021

Salvatore Glorioso

Giovanni di Patmos e la vocazione profetica della Chiesa in Ap 1,9-20 e 10,1-11


Abstract

La continuità descrittiva, all’interno di un flusso comunicativo, emergente dai testi di Ap 1,9-20 e 10,1-11 rende quest’ultimi un dato fondamentale per comprendere il ministero profetico di Giovanni e della comunità ecclesiale all’interno della narrazione di Apocalisse. Sulla scia delle scene-tipo di vocazione profetica dell’AT (Es 2,23–4,18; Is 6,1-11; Ger 1,1-10; Ez 1–3), l’autore del libro dell’Apocalisse propone la propria esperienza di eletto da Cristo risorto a conoscere il progetto di Dio (c. 4) nascosto per i secoli, e di annunciarlo quale lieto messaggio. Nell’Apocalisse per azione profetica si intende lo sforzo di leggere e interpretare la storia alla luce delle grandi costanti storiche (17,1–22,5). L’azione profetica trova il suo spazio applicativo all’interno della dimensione liturgica (1,10) di quella comunità ecclesiale che, irradiata dello Spirito per mezzo di Cristo/agnello (5,6), rimane in ascolto di esso (2,7.11.17.29; 3,6.13.22) e discerne tra un sistema di bene e l’ideologia di male e di assolutizzazione del potere (cf. c. 17). La vitale relazione tra la persona del Cristo risorto (1,9-20), la comunità ecclesiale e le conseguenti esigenze di conversione sono l’oggetto del contenuto del libro, il «μυστήριον» scritto dal profeta e inviato alle chiese (2–3). Queste ultime, educate dallo scritto, rileggono nell’azione della «digestione del libro» (10,8-9) da parte di Giovanni, il paradigma della propria vocazione di Chiesa profetica che accetta di vivere, come il suo Signore, la testimonianza nel sangue (c. 11). Una missione, «amara» (10,10), in opposizione alle tentazioni mortifere di tutti quei sistemi idolatrici che fuorviano gli abitanti della terra: l’anti-«μυστήριον» (c. 17).

The descriptive continuity, within a communicative flow, emerging from the texts of Ap 1,9-20 and 10,1-11 makes the latter a fundamental fact for understanding the office prophetic of John and of the ecclesial community within the narrative of Apocalypse. In the wake of the typical scenes of the prophetic vocation of the Old Testament (Ex 2,23-4,18; Is 6,1-11; Jer 1,1-10; Ez 1–3), the author of the book of Apocalypse proposes his own experience of being elected by the risen Christ to know the plan of God (c. 4) hidden for the centuries, and to announce it as a happy message. In the Apocalypse, prophetic action signifies the effort to read and interpret history in the light of the great historical unchanging factors (17.1–22.5). Prophetic action finds its applicative space within the liturgical dimension (1.10) of that ecclesial community which, irradiated by the Spirit through Christ/lamb (5.6), listens to it (2.7.11.17.29; 3,6.13.22) and discerns between a system of good and the ideology of evil and the absolutization of power (cf. c. 17). The vital relationship between the person of the risen Christ (1.9-20), the ecclesial community and the consequent need for conversion is the subject of the content of the book, the «μυστήριον» written by the prophet and sent to the churches (2–3). The latter, educated by the writing, re-read in the action of John’s «digestion of the book» (10,8-9), the paradigm of his own vocation as a prophetic Church that accepts to live, like her Lord, a testimony in blood (c. 11). A mission, «bitter» (10:10), in opposition to the deadly temptations of all those idolatrous systems that mislead the inhabitants of the earth: the anti-«μυστήριον» (c. 17).

Citazione:

S. Glorioso, Giovanni di Patmos e la vocazione profetica della Chiesa in Ap 1,9-20 e 10,1-11, in Egeria 10/15 (2021), 71-88